INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
PRIMO FIRMATARIO DALILA NESCI.
PAOLO PARENTELA, FEDERICA DIENI, SEBASTIANO BARBANTI.
Al Presidente del
Consiglio, al Ministro della Salute, al Ministro dell’Ambiente e al Ministro
della Giustizia. -
Per sapere - premesso che:
nel 1978 fu approvato il progetto
di realizzazione dell’invaso artificiale dell’Alaco, in provincia di Vibo
Valentia, che attualmente rifornisce di acqua potabilizzata 88 comuni delle
Province di Catanzaro e Vibo Valentia, circa 400 mila abitanti;
dall’appalto, avvenuto nel 1985,
vi furono sei perizie di variante e nove sospensioni dei lavori, con vizi
procedurali (mancanza di nullaosta paesaggistico e di Valutazione d’Impatto
Ambientale, secondo l’interrogazione parlamentare a risposta scritta n. 4/12032
del 12/7/’95, in corso, dell’on. Giuseppe Soriero) e con un iter che determinò
un aumento esponenziale dei costi;
nondimeno, nella fase di
edificazione della diga dell’invaso, si manifestarono perplessità su dissesto
idrogeologico e modificazioni dell’ecosistema, anche per il tramite di atti di
sindacato ispettivo (interrogazione dell’on. Soriero di cui sopra e analoga per
tipo, procedimento definito, dell’on. Mauro Paissan, n. 4/15439, del 10/2/’98);
nel 2002, la Corte dei Conti, sezione
regionale, accertò un danno erariale di 68.505.369,28 euro;
nel marzo del 2012 – per come
ribadito nell’interrogazione parlamentare a risposta scritta dell’on. Angela
Napoli, n. 4/16711 del 21 giugno 2012, ancora in corso – l’inchiesta
giudiziaria denominata «Ceralacca», della DDA di Reggio Calabria, portò in
carcere nove persone, alcune delle quali legate a cosche di ‘ndrangheta della
Piana di Gioia Tauro e tre funzionari del gestore So.Ri.Cal, con accuse, a
vario titolo, di associazione a delinquere, turbata libertà degli incanti,
corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio;
il 17 maggio 2012 i Carabinieri
del Nas di Catanzaro sequestrarono l’invaso e l’impianto di potabilizzazione,
compresi gli apparati idrici dello schema d’acquedotto, con 26 indagati tra
dirigenti e tecnici del gestore So.Ri.Cal., responsabili di Aziende Sanitarie
Provinciali, dirigenti regionali e dell’Arpacal, formulando la Procura di Vibo Valentia
ipotesi di avvelenamento colposo e frode in pubblica fornitura;
negli atti della predetta
inchiesta, cd. «Acqua Sporca», precisamente nella relazione di Antonio Tomaino,
esperto, CTU della Procura vibonese, è scritto che «l’acqua erogata risulta
inutilizzabile per l’uso umano»;
si legge – pubblicata sul blog
del giornalista calabrese Emilio Grimaldi e ripresa nell’inchiesta video
“Acquaraggia”, in onda nella trasmissione “Crash” (Rai), del novembre 2012 – in
un’intervista di Maurizio Remo Reale, ex dipendente presso l’impianto di
potabilizzazione Alaco, che già nel 2006 «l’acqua dell’invaso presentava una
grossa problematica a causa del disfacimento chimico delle piante del fondale»,
che «il disboscamento eseguito prima dell’invaso non era stato portato a
termine o l’invaso era stato eseguito diverso tempo dopo aver pulito», che
«l’impianto Alaco era dotato di un solo compattatore di fanghi,
sottodimensionato», e che la stazione di filtraggio non aveva requisiti idonei;
la custodia giudiziaria degli
impianti sequestrati è affidata, oltre ad altri, al sig. Marco Merante, il
quale risulta essere il marito di una lavoratrice dell’ufficio legale del
gestore So.Ri.Cal;
secondo la testata web “Il
Vizzarro.it”, nominati i custodi giudiziari, a tre mesi dal riferito
provvedimento della Procura è stato accertato (solo) su segnalazione del
Comitato Civico pro Serre il pascolo di bovini in aree sequestrate, con
pericoli, peraltro, per la salubrità delle acque;
l’allargamento dell’inchiesta
«Acqua Sporca» portò a ulteriori 20 avvisi di garanzia, indirizzati a sindaci o
ex sindaci di comuni serviti dal sistema dell’Alaco, che avrebbero omesso nel
tempo di effettuare le analisi stabilite dal Dlgs 31/2001;
il 6 dicembre 2012 l’Arpacal
prelevò dei campioni in uscita dall’impianto, da cui emerse la presenza di
benzene nell’invaso, con un valore 800 volte superiore alla norma;
i risultati furono resi pubblici
solo il 29 gennaio u.s. e il 30 gennaio l’Arpacal dichiarò che «per un mero
errore di trascrizione, nelle acque dell’Alaco non è presente benzene ma,
piuttosto, composti aromatici alogenati derivati dal benzene», aggiungendo che
i medesimi non sono previsti nella tabella degli elementi indicati dal Dlgs
31/2001;
a chi adesso interroga risulta in
corso un’indagine penale, dopo intervento del Prefetto di Vibo Valentia, per
risalire ad eventuali responsabilità sul suddetto caso del benzene e per
determinare compiutamente la potabilità o meno dell’acqua dell’invaso;
nel febbraio scorso il biologo
Silvio Greco dichiarò a “Il Quotidiano della Calabria” che sul piano
scientifico la formula di giustificazione dell’Arpacal sarebbe stata vaga e nel
campione del 6 dicembre scorso potevano esserci, in realtà, sostanze più pericolose
del benzene;
circa le analisi dell’Arpacal,
diversamente da analoghe agenzie, non risulta esserci l’accreditamento di
“Accredia”, unico organismo nazionale autorizzato dallo Stato a svolgere
attività di controllo in conformità agli standard internazionali della serie
Iso 17.000;
secondo “Il Quotidiano della
Calabria” on line (articolo di Stefania Papaleo del 18 gennaio 2013), i vertici
dell’Arpacal, di nomina politica, sono indagati per avere attestato falsamente
di essere in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, cioè una «comprovata
esperienza tecnico scientifica in materia ambientale» e «cinque anni di
attività professionale riconducibile all’incarico», mentre per abuso d’ufficio
è invece indagato, nella stessa inchiesta, il presidente del Consiglio
regionale della Calabria, Francesco Talarico;
il Prefetto di Vibo Valentia ha
richiesto all’Asp di Vibo Valentia la pubblicazione on line dei risultati delle
analisi delle acque, ma detta pubblicazione non è ancora del tutto disponibile;
il Prefetto di Vibo Valentia ha
richiesto analisi di campione dei fondali dell’invaso, per verificare eventuali
tracce di radiogeni -:
di quali elementi informativi
disponga il Governo con riferimento alla richiamata vicenda e quale sia la
propria valutazione con riguardo agli aspetti di competenza;
quali misure ritengano opportune,
alla luce dei fatti esposti, a tutela della salute della popolazione e della
salvaguardia dell’ambiente;
se non ritengano necessari
interventi per la chiusura dell’invaso, in attesa delle verifiche circa i
sedimenti e previa predisposizione, secondo competenze, di un piano per un
diverso approvvigionamento idrico dei comuni finora serviti;
se non intendano acquisire, per
quanto finora narrato, ogni ulteriore elemento in relazione alla gestione del
servizio idrico integrato in Calabria da parte di So.Ri.Cal. e ai protocolli di
comunicazione tra questi, le Aziende Sanitarie Provinciali e l’Arpacal;
se siano a conoscenza di altri
elementi, in ordine all’intera gestione dell’impianto, che determinino delle
incompatibilità di ruoli.
Nessun commento:
Posta un commento