Saremo querelati da un vescovo che non vuol rispondere
a nostre domande. Un prete condannato per truffa e appropriazione indebita, il
vescovo gli rivelò d’essere sotto inchiesta, violando il segreto istruttorio.
Al di là del penale, avevamo chiesto risposte sulla complessa vicenda.
Risposte destinate a non arrivare.
Risposte destinate a non arrivare.
di Emiliano Morrone
Per la nostra inchiesta sull’Abbazia florense, ci è
pervenuta una seconda lettera del legale di monsignor Leonardo Bonanno, della
Diocesi di San Marco Argentano-Scalea (Cs). L’avvocato, Nunzio Raimondi,
precisa: “Il Reverendissimo Monsignore replicherà senz’altro, a mezzo del
proprio difensore di fiducia, ad ogni affermazione da Lei prodotta sul già menzionato
sito www.infiltrato.it, attivo sul Web (…). E ciò farà nella sede propria,
ossia dinanzi ad ogni competente Autorità Giudiziaria così come la Legge
stabilisce per le pubblicazioni mendaci e inveritiere”.
Se non fosse per la particolarità del caso, non ne scriveremmo: ci limiteremmo a dimostrare i fatti “dinanzi ad ogni competente Autorità Giudiziaria”.
Se non fosse per la particolarità del caso, non ne scriveremmo: ci limiteremmo a dimostrare i fatti “dinanzi ad ogni competente Autorità Giudiziaria”.
Ricordando una precedente diffida,
l’avvocato, Nunzio Raimondi, scrive: “La intimazione formulata
in data 19.07.2012 è stata disposta da S.E. Mons. Bonanno, allo scopo di
suscitare un utile (per Lei) ravvedimento ed una riparazione in forma
specifica. Ella, con il telegramma che si riscontra, non ha inteso adeguarsi ed
anzi ha perfino insistito nella condotta dal Presule ritenuta illecita
addirittura invitando lo stesso ad una replica su codesto Suo sito web”.
Correttamente, anche tramite L’Infiltrato abbiamo invitato
il vescovo Bonanno a replicare, ritenendolo doveroso: per
l’interessato e per una migliore comprensione dei lettori. Certi che il vescovo avrebbe
chiarito alla comunità – e non al direttore della testata – su fatti
che non ci siamo inventati, ma abbiamo trovato nelle carte. Nero su
bianco.
Dal suo legale, abbiamo appreso per
iscritto che il vescovo replicherà “dinanzi a ogni competente Autorità
Giudiziaria”. Perciò, non risponderà alle domande che
gli abbiamo rivolto. Al suo posto, noi lo avremmo fatto,
convinti che il dialogo pubblico aiuti tutti, specie in questi tempi oscuri.
Nello specifico, c’è una vicenda
molto grave, nel cui ambito abbiamo scritto del presule, la quale
merita chiarezza dalla Chiesa. E il vescovo Bonanno rappresenta l’istituzione.
Il principio è che solo la magistratura
giudica nel diritto. Del vescovo abbiamo riportato quanto trovato nei
documenti ufficiali, finanche virgolettando. Ma il suo avvocato ci accusa
indirettamente di “pubblicazioni mendaci e inveritiere”.
Sintetizziamo. Un parroco patteggia per
la vendita abusiva di loculi e terreni della parrocchia; in mezzo c’è anche un
giro di opere sacre trafugate. Il parroco dichiara che i proventi sono andati
alla casa di riposo della parrocchia, che lo stesso cede per debiti con l’avallo
della Curia arcivescovile di Cosenza. Nella scrittura privata c’è la
firma dell’allora vicario,Leonardo Bonanno. I locali
dell’ospizio, per anni comodati alla Chiesa, sono del Comune di San Giovanni in
Fiore (Cs). Lo confermano la memoria storica, un inventario municipale, le
conclusioni di una commissione paritetica e i carabinieri. I nuovi titolari
trasformano l’ospizio parrocchiale in residenza sanitaria, convenzionata con la Regione
Calabria. Il Comune fa causa per la restituzione degli immobili, visto che
lì non c’è più l’opera di carità ma un’impresa. In una lettera, il successore
del parroco (poi) condannato informa il vescovo di Cosenza,Salvatore Nunnari,
di pesanti debiti e irregolarità della gestione precedente, precisando d’aver già
esposto la questione al diretto interessato (cioè il prete che dopo patteggerà)
e al vicario Bonanno. “Senza alcun riscontro”, c’è scritto nel
documento in foto. Il sacerdote s’accorge di grossi problemi di cassa e di beni
parrocchiali venduti irregolarmente o mancanti, sicché si rivolge prima al
vicario Bonanno, poi al vescovo Nunnari. Non sporge denuncia, evidentemente
fiducioso che si troverà una soluzione all’interno della Curia. Poi si
trasferisce e il nuovo parroco denuncia ai carabinieri i beni sottratti; ne stima
il valore in 2milioni di euro. Partono le indagini, il parroco delle vendite
irregolari viene indagato, e con lui altri che tentano di guadagnare dai
terreni e dalle opere sacre. Il vescovo Bonanno, allora vicario di monsignor
Nunnari, gli rivela d’essere sotto inchiesta, secondo la Procura di
Cosenza violando il segreto istruttorio. I carabinieri ci
informano che Bonanno è sotto processo per questo motivo. La notizia
non passa sui giornali.
Nel fascicolo, ci sono delle intercettazioni
che dimostrano i buoni rapporti fra monsignor Bonanno e il parroco del
patteggiamento. Questo vuol dire solo una cosa, di là dal penale: l’allora
vicario sapeva della vicenda, ma non agì. Oltretutto, quel parroco era lo
stesso di cui si servì la vecchia giunta comunale per nominare irregolarmente i
tecnici del restauro dell'Abbazia florense, finanziato con fondi europei e a
oggi fermo. Lo stesso prete che cedette l’ospizio parrocchiale, dentro
l’Abbazia florense, con l’avallo di monsignor Bonanno.
Intanto, fra querele annunciate e
risposte mancate, nessuno sa dove siano i soldi ricavati dai beni sottratti
alla parrocchia. Amen.
1 commento:
non riesco a capire perchè si querela una notizia vera e priva di offese alla persona, chi ha preso ha preso ,chi ha dato ha dato .....
Posta un commento