11 aprile 2013

Alaco, l'interrogazione parlamentare del M5S



INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

PRIMO FIRMATARIO DALILA NESCI. PAOLO PARENTELA, FEDERICA DIENI, SEBASTIANO BARBANTI. 

Al Presidente del Consiglio, al Ministro della Salute, al Ministro dell’Ambiente e al Ministro della Giustizia. - 
Per sapere - premesso che:

nel 1978 fu approvato il progetto di realizzazione dell’invaso artificiale dell’Alaco, in provincia di Vibo Valentia, che attualmente rifornisce di acqua potabilizzata 88 comuni delle Province di Catanzaro e Vibo Valentia, circa 400 mila abitanti;

dall’appalto, avvenuto nel 1985, vi furono sei perizie di variante e nove sospensioni dei lavori, con vizi procedurali (mancanza di nullaosta paesaggistico e di Valutazione d’Impatto Ambientale, secondo l’interrogazione parlamentare a risposta scritta n. 4/12032 del 12/7/’95, in corso, dell’on. Giuseppe Soriero) e con un iter che determinò un aumento esponenziale dei costi;

nondimeno, nella fase di edificazione della diga dell’invaso, si manifestarono perplessità su dissesto idrogeologico e modificazioni dell’ecosistema, anche per il tramite di atti di sindacato ispettivo (interrogazione dell’on. Soriero di cui sopra e analoga per tipo, procedimento definito, dell’on. Mauro Paissan, n. 4/15439, del 10/2/’98);

nel 2002, la Corte dei Conti, sezione regionale, accertò un danno erariale di 68.505.369,28 euro;

nel marzo del 2012 – per come ribadito nell’interrogazione parlamentare a risposta scritta dell’on. Angela Napoli, n. 4/16711 del 21 giugno 2012, ancora in corso – l’inchiesta giudiziaria denominata «Ceralacca», della DDA di Reggio Calabria, portò in carcere nove persone, alcune delle quali legate a cosche di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro e tre funzionari del gestore So.Ri.Cal, con accuse, a vario titolo, di associazione a delinquere, turbata libertà degli incanti, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio;

il 17 maggio 2012 i Carabinieri del Nas di Catanzaro sequestrarono l’invaso e l’impianto di potabilizzazione, compresi gli apparati idrici dello schema d’acquedotto, con 26 indagati tra dirigenti e tecnici del gestore So.Ri.Cal., responsabili di Aziende Sanitarie Provinciali, dirigenti regionali e dell’Arpacal, formulando la Procura di Vibo Valentia ipotesi di avvelenamento colposo e frode in pubblica fornitura;

negli atti della predetta inchiesta, cd. «Acqua Sporca», precisamente nella relazione di Antonio Tomaino, esperto, CTU della Procura vibonese, è scritto che «l’acqua erogata risulta inutilizzabile per l’uso umano»;

si legge – pubblicata sul blog del giornalista calabrese Emilio Grimaldi e ripresa nell’inchiesta video “Acquaraggia”, in onda nella trasmissione “Crash” (Rai), del novembre 2012 – in un’intervista di Maurizio Remo Reale, ex dipendente presso l’impianto di potabilizzazione Alaco, che già nel 2006 «l’acqua dell’invaso presentava una grossa problematica a causa del disfacimento chimico delle piante del fondale», che «il disboscamento eseguito prima dell’invaso non era stato portato a termine o l’invaso era stato eseguito diverso tempo dopo aver pulito», che «l’impianto Alaco era dotato di un solo compattatore di fanghi, sottodimensionato», e che la stazione di filtraggio non aveva requisiti idonei;

la custodia giudiziaria degli impianti sequestrati è affidata, oltre ad altri, al sig. Marco Merante, il quale risulta essere il marito di una lavoratrice dell’ufficio legale del gestore So.Ri.Cal;

secondo la testata web “Il Vizzarro.it”, nominati i custodi giudiziari, a tre mesi dal riferito provvedimento della Procura è stato accertato (solo) su segnalazione del Comitato Civico pro Serre il pascolo di bovini in aree sequestrate, con pericoli, peraltro, per la salubrità delle acque;

l’allargamento dell’inchiesta «Acqua Sporca» portò a ulteriori 20 avvisi di garanzia, indirizzati a sindaci o ex sindaci di comuni serviti dal sistema dell’Alaco, che avrebbero omesso nel tempo di effettuare le analisi stabilite dal Dlgs 31/2001;

il 6 dicembre 2012 l’Arpacal prelevò dei campioni in uscita dall’impianto, da cui emerse la presenza di benzene nell’invaso, con un valore 800 volte superiore alla norma;

i risultati furono resi pubblici solo il 29 gennaio u.s. e il 30 gennaio l’Arpacal dichiarò che «per un mero errore di trascrizione, nelle acque dell’Alaco non è presente benzene ma, piuttosto, composti aromatici alogenati derivati dal benzene», aggiungendo che i medesimi non sono previsti nella tabella degli elementi indicati dal Dlgs 31/2001;

a chi adesso interroga risulta in corso un’indagine penale, dopo intervento del Prefetto di Vibo Valentia, per risalire ad eventuali responsabilità sul suddetto caso del benzene e per determinare compiutamente la potabilità o meno dell’acqua dell’invaso;

nel febbraio scorso il biologo Silvio Greco dichiarò a “Il Quotidiano della Calabria” che sul piano scientifico la formula di giustificazione dell’Arpacal sarebbe stata vaga e nel campione del 6 dicembre scorso potevano esserci, in realtà, sostanze più pericolose del benzene;

circa le analisi dell’Arpacal, diversamente da analoghe agenzie, non risulta esserci l’accreditamento di “Accredia”, unico organismo nazionale autorizzato dallo Stato a svolgere attività di controllo in conformità agli standard internazionali della serie Iso 17.000;

secondo “Il Quotidiano della Calabria” on line (articolo di Stefania Papaleo del 18 gennaio 2013), i vertici dell’Arpacal, di nomina politica, sono indagati per avere attestato falsamente di essere in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, cioè una «comprovata esperienza tecnico scientifica in materia ambientale» e «cinque anni di attività professionale riconducibile all’incarico», mentre per abuso d’ufficio è invece indagato, nella stessa inchiesta, il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Talarico;

il Prefetto di Vibo Valentia ha richiesto all’Asp di Vibo Valentia la pubblicazione on line dei risultati delle analisi delle acque, ma detta pubblicazione non è ancora del tutto disponibile;

il Prefetto di Vibo Valentia ha richiesto analisi di campione dei fondali dell’invaso, per verificare eventuali tracce di radiogeni -:

di quali elementi informativi disponga il Governo con riferimento alla richiamata vicenda e quale sia la propria valutazione con riguardo agli aspetti di competenza;

quali misure ritengano opportune, alla luce dei fatti esposti, a tutela della salute della popolazione e della salvaguardia dell’ambiente;

se non ritengano necessari interventi per la chiusura dell’invaso, in attesa delle verifiche circa i sedimenti e previa predisposizione, secondo competenze, di un piano per un diverso approvvigionamento idrico dei comuni finora serviti;

se non intendano acquisire, per quanto finora narrato, ogni ulteriore elemento in relazione alla gestione del servizio idrico integrato in Calabria da parte di So.Ri.Cal. e ai protocolli di comunicazione tra questi, le Aziende Sanitarie Provinciali e l’Arpacal;

se siano a conoscenza di altri elementi, in ordine all’intera gestione dell’impianto, che determinino delle incompatibilità di ruoli.

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