29 giugno 2012

Se il santo passa ogni anno...


Festività patronali e fiere. Quello che (non) si vede.

Come ogni anno, in occorrenza della festività di Sant’Antonio e di San Pietro e Paolo, Lamezia Terme si aggiusta per le feste. Le strade accolgono la fiera che ospita centinaia di bancarelle. La città si riempie di persone, sono molti quelli che vogliono omaggiare i “Santi” ma tantissimi sono anche quelli che semplicemente ne approfittano per fare un po’ di shopping o mangiare il fantomatico panino con la salsiccia.  Un evento così, richiederà certo un’attenta supervisione dei vigili urbani, impegnati nell’assegnazione dei posti e nella vigilanza. E’ importante infatti, controllare che tutti gli ambulanti siano in regola e che non vendano merce contraffatta. Questo mercato nero di borse, scarpe e altri accessori griffati è, infatti, pericolosissimo per l’economia delle grandi marche. Non si tratta dunque di qualità, infatti spesso i capi che si acquistano in una boutique o da questi ambulanti, sono i medesimi, semplicemente non hanno ottenuto la certificazione da parte del marchio per cui sono stati prodotti. A denunciarlo pubblicamente sono stati diverse volte numerosi giornalisti. A fare la differenza,quindi, non è il made in italy, ormai quasi inesistente, né la qualità dei tessuti e dei materiali utilizzati ma solo una questione di immagine, di brand identity, semplicemente un trade mark e niente più. Sequestri dunque, come lotta in difesa del capitalismo. Ma se il sequestro di merce contraffatta rientra nella legalità secondo le leggi dello Stato Italiano, quello che invece salta all’occhio è il modus operandi con cui viene effettuato. Un sequestro, ai fini di legge, deve essere accompagnato da un verbale che indichi il tipo di merce contraffatta e la quantità, una copia poi, deve essere data a colui che ha subito il sequestro. Capite che questo è necessario affinché il sequestro non sia arbitrario e soprattutto affinché la merce sequestrata finisca al comando e non nelle mani di qualche furbetto.  Se questo però non avviene è lecito pensare che qualcuno sia commettendo un abuso.
Di questo parere è anche la persona che ha subito il sequestro e che pertanto ha richiesto più volte il verbale che però non è riuscita ad ottenere. Questa ragazza, che per qualche assurda coincidenza è di origine straniera come tutti gli altri che hanno subito controlli, fermi e sequestri da parte dei vigili urbani, ha affermato che i vigili sono andati da lei, hanno guardato un po’ le borse, le hanno chiesto licenza e documenti, e dopo averli ottenuti e non aver trovato nulla di irregolare hanno proseguito con il sequestro di alcune borse perché, secondo loro, contraffatte. La ragazza, che da anni lavora nelle fiere e si sposta in tutt’Italia, dice che queste cose sono le sono successe solo qui, perché ovunque lei va riesce tranquillamente ad ottenere la postazione dove poter allestire la sua bancarella. Qui invece, ha spiegato di aver avuto già parecchi problemi con l’autorizzazione. Dopo essere stata al comando e agli uffici comunali, le è stato detto di attendere tra le bancarelle perché la regolarizzazione sarebbe stata effettuata verso le 7 del mattino dai vigili che passavano a controllare. La ragazza che ha atteso invano il primo giorno, si è recata nuovamente a chiedere spiegazioni ed ha ottenuto la stessa risposta del giorno prima. Quando poi, finalmente, verso le 18 i vigili sono passati per la fiera anziché assegnarle il posto come le avevano detto hanno proceduto al sequestro della merce. Parecchie persone hanno assistito alla scena e qualcuno si è avvicinato per capire cosa è successo e cercare di mediare. A poco è servito, la ragazza infine avvilita, ha affermato che “è difficile però lavorare così, quando cerchi di fare tutto in regola, quando non fai male a nessuno, quando ti comporti per bene e loro ti trattano così quando  per le strade c’è pieno di gente che uccide e spaccia e nessuno gli fa niente.”
 Verrebbe da pensare che ti trattano in maniera diversa perché per loro diverso lo sei davvero, perché purtroppo la mentalità xenofoba viaggia accompagnata da un livello culturale molto scarso.

Ma forse è solo un caso isolato, forse, volendo concedere il beneficio del dubbio, tutto potrebbe essere avvenuto in maniera regolare. Peccato però, che la fiera è costellata di episodi come questi, a raccontarlo sono sia i venditori ambulanti di origine straniera e sia qualche passante che ha assistito a scene come queste e non ha potuto far niente. I vigili infatti gradiscono poco che qualcuno si intrometta mentre loro lavorano, anche se chi lo fa è mosso dal solo intento di aiutare il malcapitato, soprattutto perché spesso non parla neanche bene l’italiano.  L’anno scorso, durante la medesima fiera, un ragazzo senegalese andò dai vigili a chiedere di ottenere una postazione e questi gli risposero che ormai non era possibile perché era troppo tardi, e che avrebbe dovuto recarsi presso gli uffici comunali. Ma il ragazzo, che partecipava alla fiera da qualche anno, si lasciò sfuggire che non era affatto a conoscenza di questi procedimenti e che per gli anni passati era bastato arrivare alla fiera, montare la bancarella e attendere i vigili ai quali poi pagava il posto. I vigili gli risposero che non era affatto possibile e che lui provava solo a fare il furbo, e quando il ragazzo ha provato a spiegarsi ancora una volta, gli è stato risposto che se continuava gli sequestravano pure la roba. A questo punto, è intervenuto un legale, che assistendo alla vicenda ha cercato di mediare tra le parti. Alla fine il ragazzo non ha ottenuto il posto ma almeno ha evitato un inutile sequestro. La vicenda, non vuole raccontare nulla più di quello che racconta, ovvero di un ragazzo che cerca di spiegarsi e che non viene ascoltato, di dei soldi che vengono dati e che potrebbero lasciare spazio a qualsiasi tipo di interpretazione  e di un’arroganza che sparisce appena si ci trova davanti qualcuno che di legge ne sa sicuramente più di te.

Ma infondo i controlli sono necessari, la presenza dei vigili durante la fiera è solo quella di garantire che tutto si svolga regolarmente. Ma i vigili non dovrebbero anche controllare che le strutture adibite per l’evento siano sicure? Le giostre, ad esempio, che rappresentano l’attrazione più frequentata da bambini e ragazzi, non dovrebbero rispettare dei criteri di sicurezza? Le caratteristiche tecniche di questi criteri spettano sicuramente ai sopralluoghi dei tecnici, ma l’evidenza della precarietà delle basi su cui alcune giostre sono situate è constatabile da tutti. Enormi ammassi di ferro, che ospitano decine e decine di ragazzi per volta, sono situati su semplici blocchi di cemento, che come tutti sappiamo, proprio perché all’interno bucati, potrebbero sotto sforzo cedere e spaccarsi. Dunque, appare un po’ ridicolo tanto rigore nel controllo della merce e poi, invece, tanta tranquillità verso quelle situazioni che potrebbero rappresentare un reale pericolo.


 Senza parlare poi, delle liti che scattano tra i venditori ambulanti. Gli italiani, infatti, sembrano coalizzarsi contro gli stranieri. Almeno questo è quello che emerge, dopo l’ennesima lite avvenuta tra due ambulanti ieri pomeriggio. Gli italiani, si lamentano perché loro pagano il posto e gli altri no. E questo in parte è vero, c’è davvero qualcuno che non è in regola con la postazione, ma quello che gli altri ambulanti non vogliono capire è che questi casi sono proprio quei casi che non sono riusciti ad ottenere un posto, non perché manca la volontà di regolarizzare e pagare l’affitto, ma proprio perché molti di loro pensavano che la regolarizzazione si facesse sul posto, come sembra sia successo in passato. Una sorta di guerra, che sembra ripetere la solita triste e stupida cantilena: “Gli stranieri ci rubano il lavoro”. Però nessuno di loro vuole ricordare che quasi sicuramente molti dei loro padri hanno sentito rivolgersi la stessa sprezzante frase quando andavano al nord in cerca di fortuna. E bando ad ogni ipocrisia retorica, noi non eravamo né più bravi né più buoni, ci trattavano come cani e soffrivamo come adesso soffrono loro.

Ma la cosa veramente agghiacciante è che mentre più di una persona cerca di mediare per evitare che la lite degeneri in una rissa, un’ambulante si lascia scappare con molta rabbia questa affermazione “Tu non lo sai quello paghiamo noi”. Qualcuno può pensare che si riferisce ai circa 250€ che pagano per l’affitto della bancarella, almeno questa è la cifra che un altro ambulante dice poco prima. Ma qualcun altro, un po’ meno omertoso e un po’ meno addormentato, può pensare che invece si riferisca ad un costo extra, un plus pagato per ottenere un po’ di tranquillità. Io ho imparato che le cose vanno chiamate con il proprio nome, e questo plus per me si chiama pizzo. E a chiederlo, per me, sono i mafiosi. E quello che è successo prima si chiama razzismo e quello che è avvenuto ancora prima, sempre secondo il mio vocabolario, si chiama abuso.

Eccole qui le parole della fiera, ABUSO, RAZZISMO,PIZZO e MAFIA. Non dobbiamo avere paura di dirlo e ancora prima di pensarlo.  E’ vero, la mia è solo una supposizione, è un arrivare alla conclusione osservando e valutando i fatti, e come ogni valutazione potrebbe essere sbagliata. Infondo non c’è nessun addetto ai lavori che dice questo. Le mie potrebbero essere solo congetture. Già, perché in fondo Lamezia Terme è una città tranquilla, soprattutto adesso poi che è scattata l’operazione Medusa con la quale un po’ di gente è finita dentro. Già, infondo a Lamezia terme si sta bene perché abbiamo il sindaco dell’antimafia. Già, infondo a Lamezia come assessore abbiamo avuto niente popò di meno che Tano Grasso. Già, perché infondo cosa vuoi che siano due, tre macchine incendiate ogni mese? O qualche bomba che fa saltare e addirittura chiudere delle attività?

Già, forse mi sbaglio.


OPPURE NO. Perché le trame, quelle vere, i lametini le conoscono davvero ma pochi le denunciano. Perché mentre l’antimafia festaiola si pavoneggia, il denaro continua a girare sotto le grinfie delle ‘ndrine.

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