1 marzo 2013

Perché «tifiamo rivolta» nel Movimento 5 Stelle

Grillo si, Grillo no?
In questi primi giorni gli interrogativi sul fenomeno 5 Stelle si moltiplicano; ad una prima vista è indubbio che il Movimento abbia portato elementi di novità nel solito panorama politico italiano: gente nuova, idee diverse, scenari incalcolabili. Il risultato elettorale, quel 25%, da a Grillo il pallino del gioco e ora il movimento ha la responsabilità di disegnare il futuro del paese.

Bersani ha già chiesto il sostegno di Grillo sulla base di sette o otto punti programmatici. E Grillo ha risposto che Bersani è un morto che parla e dovrebbe essere il PD a sostenere un Governo 5 Stelle. I primi effetti utili del massimalismo grillino sono: a) la pressione dei poteri forti (lobby finanziarie, massonerie, Vaticano e partner internazionali) per un "governissimo" di tecnici che continuino nell'agenda Monti; b) la propensione marginale di PD e PdL all'inciucio.
Né l'una né l'altra ipotesi sono benefiche per il paese. L'Italia ha bisogno di un governo che prenda delle decisioni, anche piuttosto radicali: green economy, crescita, riforme istituzionali, reddito di cittadinanza, critica del fiscal compact (riforma delle pensioni), contrasto al potere delle banche e sostegno della piccola e media impresa, scuola e sanità. Sono delle scelte che solo un 'governo nell'interesse del popolo' può prendere e che un governo dei tecnici o degli interessi di pochi non prenderà mai, vedi esperienze di Monti o della fu bicamerale di D'Alema-Berlusconi.

Per questo ci si augura che Grillo sostienga Bersani, o viceversa, l'importante è fare delle Politiche, non fare politica.
Invece Grillo sta giocando alla politica con un obbiettivo ben preciso: abbandonare Bersani ad un abbraccio mortale col PdL, fare del M5S il partito di opposizione e, sperando che l'inciucio provochi una profonda crisi sociale stile Grecia, ritornare al voto tra un anno e beccarsi il 40%.

Per capire ciò non bastano le dichiarazioni a caldo di Grillo o gli attacchi mediatici a chiunque critichi la linea oltranzista del movimento (Viola Tesi, elettrice grillina ha lanciato una petizione online per chiedere a Grillo di sostenere Bersani per non permettere il ritorno di Berlusconi, è stata aggredita sui social network). Non bastano nemmeno i mantra dei militanti: “Caro Partito Democratico, forse non ci siamo capiti: non facciamo alleanze con nessuno. La politica degli inciuci è finita. Valuteremo ogni singola proposta, ogni singola idea, e se la riterremo conforme alle esigenze dei cittadini la appoggeremo. Piantatela di chiamarci”.

Un massimalismo che è facile etichettare come miope e distruttivo. Ecco perché ci si augura che nel movimento prevalgano gli interessi della base, ovvero dei cittadini, piuttosto che quelle del 'vertice' (Grillo/Casaleggio) che puntano al tutto-o-niente tipico del poker. Noi tifiamo per una rivolta.

Per capire occorre leggere qui di seguito le riflessioni (leggermente sintetizzate per esigenze di spazio) dei Wu Ming, collettivo letterario impegnato nei conflitti sociali.

«Sì, ma voi chi cazzo siete?» - direbbe il meno informato dei grillini.
Noi apparteniamo da sempre a una sinistra sociale diffusa, una sinistra «dei movimenti», tendenzialmente extraistituzionale. Chi parla lo fa sempre da un luogo preciso, da un corpo preciso, da un nodo della storia, da un insieme di interessi di cui è portatore, dall’interno di una classe sociale, di un sesso o di un genere. Il discorso è sempre un discorso storicamente e socialmente determinato.
Abbiamo preso parte a lotte per gli spazi sociali; contro diverse guerre imperialistiche; da precari abbiamo lottato sui nostri luoghi di lavoro; per i diritti dei migranti, contro i CPT / CIE; contro privatizzazioni e tagli al welfare; abbiamo manifestato a Praga nel 2000 contro il Fondo Monetario Internazionale, abbiamo partecipato alla «Marcia della dignità» zapatista dal Chiapas a Città del Messico. Al G8 di Genova eravamo dietro la prima fila di scudi quand’è partita la carica di via Tolemaide.
Soprattutto, da anni cerchiamo di portare avanti una battaglia culturale contro le narrazioni del potere capitalistico.

La critica alle ambiguità del «grillismo» (inteso come struttura organizzativa e comunicativa, e soprattutto come orizzonte di discorso), alla sua natura di movimento «diversivo», è situata in tutto questo. E’ figlia di una lunga prassi, e di un approccio onestamente partigiano.

Con chi non ce l’abbiamo. Siamo convinti che il grillismo sia fondamentalmente un’ideologia e un racconto del mondo di destra. Per noi il discorso di Grillo/Casaleggio è un mix di vari populismi e miti interclassisti, con fortissimi elementi di liberismo e addirittura di ideologia da destra «anarcocapitalista». Su alcune tematiche, come quella dell’immigrazione, tanto dal blog di Grillo quanto da certi meandri del suo moVimento sono partiti enunciati criptofascisti.

Il M5S ha molti attivisti e moltissimi elettori (almeno il 30%, secondo uno studio SWG) che vengono da sinistra e tuttora si considerano di sinistra.Se vedono in quel movimento un’alternativa da provare «la colpa di questo è delle sinistre, che fanno di tutto per risultare invotabili».
Le alternative «a sinistra» sono state giudicate odiose oppure irrilevanti. Ergo, non è con chi ha votato M5S che ce l’abbiamo.
Non ce l’abbiamo nemmeno con la maggioranza degli attivisti: auspichiamo anzi che le energie convogliate dal dispositivo grillino sfuggissero a quella «cattura» e si verificassero spaccature liberanti.

Perché l’Italia non ha avuto movimenti come Occupy? Il grillismo ha occupato con un discorso diversivo (contro la «Kasta» invece che contro le politiche liberiste, contro la disonestà degli amministratori anziché contro le basi strutturali del sistema) lo spazio che in altri paesi europei è occupato da movimenti nitidamente anti-austerity, anticapitalistici.
Nel discorso grillino gli altri movimenti non esistono. Quando il M5s partecipa a una lotta avviata da altri, Grillo tende a descrivere quella lotta come se fosse patrimonio esclusivo cinque stelle: noi abbiamo usato i nostri corpi per fermare il TAV, noi abbiamo fermato il ponte sullo Stretto, noi abbiamo vinto i referendum per l’acqua etc. Grillo ha «messo il cappello» o provato a mettere il cappello su quasi tutte le mobilitazioni e rivendicazioni dei movimenti sociali in Italia.

Uno dei motivi principali perché in Italia non siano nati movimenti radicali è l’antiberlusconismo, ovvero l’interpretazione destoricizzata (e quindi «berluscocentrica») dello sfascio italiano.
A partire dal ’94 quest’interpretazione si è diffusa a macchia d’olio nella sinistra, facendo scambiare l’effetto (l’avvento di Berlusconi) per le cause, che invece risiedono nella sconfitta dei movimenti di emancipazione degli anni ’60-’70, con conseguente festival trentennale di controriforme, privatizzazioni, concentrazioni di potere, corruzione, riduzione dei partiti a cosche mafiose etc.
Berlusconi è l’antropomorfosi degli anni Ottanta, guardi lui e vedi gli anni Ottanta.
Non è una causa, ma una conseguenza. Aver concentrato tutta l’attenzione su di lui e sulle sue malefatte ha disarmato concettualmente la sinistra e i movimenti, impedendo di aggredire i nodi di fondo che generano i Berlusconi. Intendiamoci: non che la sinistra «ufficiale» avesse granché bisogno di essere disarmata; si stava già disarmando da sola.

Altre possibili cause: proprio la comparsa del Movimento 5 Stelle.
Il Movimento 5 Stelle ha inquadrato le energie potenziali in una cornice di discorso ambigua e fondamentalmente di destra, oltreché dentro un’organizzazione settario-aziendale.
La «cattura» grillina ha retroagito su una condizione di debolezza, marginalità e riflusso del movimento altermondialista (quello frettolosamente etichettato «no global»), nell'«aftershock» della batosta genovese. Il M5S, appropriandosi di parte dei discorsi altermondialisti e proponendoli in un’altra chiave, ha dato il colpo di grazia a quell’ambito già sfiancato e deperito.
E’ almeno dal primo VDay che il grillismo cattura istanze degli altri movimenti.
Un’altra osservazione è che, a giudicare dalle reazioni grilline a questo tipo di critica, si desume che con tutta evidenza non sanno niente dei movimenti europei. Quel che è accaduto e accade in Spagna è sistematicamente ridotto a violenza di strada. Idem per la Grecia: niente notizie su fabbriche gestite dai lavoratori. Grillo, loro unica fonte, ha più volte nominato Alba dorata ma non ha mai parlato di Syriza o degli anarchici.
Anche la conoscenza di #Occupy è pari a zero.

Questi elementi di complessità [che discendono dalla critica anticapitalista al sistema] non possono essere introdotti, perché incompatibili con la narrazione del Popolo «uno e indivisibile» che rappresenta in blocco la «società onesta» e si oppone ai «politici», alla «casta», ai «ladri» (che evidentemente non fanno parte del Popolo, chissà da dove sbucano!).
Perché questa narrazione rimanga in piedi, ogni nemico dev’essere esterno all’immagine di popolo che il movimento diversivo propaganda.
Ergo: niente contraddizioni di classe, niente interessi contrapposti, niente scontri dentro il Popolo.

Ergo, chiunque esprima una critica minimamente articolata è un «intellettuale radical-chic».
Anche questo è riconducibile al frame di destra: se viene espressa una critica al M5S che distingue (la base dal vertice, gli elettori dal capo politico, una causa dalle altre, una motivazione per il voto dall’altra, una destra da una sinistra), va subito «schiacciata» (nel senso di schiacciare una prospettiva, in modo da ammucchiare i diversi elementi di un’inquadratura) affinché tali distinzioni scompaiano, perché il Popolo è indiviso, non ha classi ed è animato da un’unica volontà di cambiamento etc. etc.

In fondo, se sul M5S avremo torto, a smentirci saranno i fatti e faremo una figura di merda. Inoltre, noi siamo irrilevanti. Che minaccia possono mai costituire quei movimenti radicali e controculturali, che in Italia tutti dichiarano morti e sepolti?
Forse dietro il successo del M5S c’è più incertezza e debolezza di quella che traspare, e anche un intervento estemporaneo da una posizione marginale può gettarci sopra un piccolo fascio di luce, che va subito offuscato alzando un polverone.
Insomma, sicuramente «noi siamo gli ultimi di un mondo», ma forse quel mondo tormenta la cattiva coscienza di qualcuno e…

Che significa, nel concreto, «tifare rivolta» dentro il M5S?
Significa dire: smettete di fingervi un monolite, riconoscete che dentro il «moVimento» ci sono contraddizioni, tensioni divergenti, anche interessi contrapposti.
Ad esempio, smettetela di mettere sotto il tappeto la polvere delle espulsioni avvenute in giro per l’Italia, i casi sono troppo numerosi perché la colpa fosse sempre degli espulsi.
E’ inevitabile che vi siano contraddizioni nel M5S, vista l’estrema contraddittorietà del discorso e del programma: liberismo e «beni comuni», «meritocrazia» e «reddito di cittadinanza», pulsioni libertarie e pulsioni forcaiole, afflato universalistico e invettive contro i migranti che insidiano le nostre donne o i romeni che «sconsacrano i confini della patria» (questo è Grillo in persona, o chi gli scrive i post), democrazia «liquida» e uso verticale della rete, retorica dell’apertura e controllo rigido del trademark, un «capo politico» che non è stato eletto ma è presidente de facto di entrambi i gruppi parlamentari… Su qualunque punto nevralgico si posi il dito, si tocca una contraddizione destinata ad acuirsi, perché una contraddizione può essere rimossa per qualche tempo ma non per sempre.

Quale delle due strade imboccherà il M5S dopo il suo boom nazionale, che inevitabilmente porta a maggiori responsabilità anche nelle città, sui territori?
Se prevarrà l’impostazione «anarco-capitalista» (richiesta di abolire tout court i sindacati, tagli per espellere dalla macchina dello stato i «parassiti», privatizzazioni etc.), di fatto il M5S si inserirà senza troppi scossoni nel solco dell’austerity. Sta già applicando l’austerity nelle amministrazioni locali che governa, in primis a Parma. Questo decorso lo auspicano settori di Confindustria.

Se invece prevarranno le rivendicazioni più «sociali» e «di sinistra»,  lo scenario è meno prevedibile. Quel che è certo è che le contraddizioni si acuiranno. Finora, Grillo è stato il garante simbolico e Casaleggio l’amministratore reale della compresenza di questo e di quello. Ora che si tratta di scegliere, per quanto tempo ancora riusciranno a esercitare quei ruoli?
Agli attivisti del M5S, anche ai compagni che si sono riposizionati nel M5S, noi diciamo questo: o si sceglie l’anarcocapitalismo (tendenza che per sua natura porta a chiedere la privatizzazione di tutto e la distruzione del welfare) o si sceglie la difesa dei beni comuni, il reddito garantito etc. Tertium non datur.

Qualunque tentativo di tenere insieme le due cose è destinato a naufragare. Non basta dirsi «non più di sinistra» o «né di destra né di sinistra» per occultare le faglie che, anche non viste, continuano a produrre movimenti tellurici nel fondo della società. Non è gettando nella spazzatura il sismografo (presuntamente) obsoleto che si evitano i terremoti.
Per fare un esempio, cosa ne pensano i grillini del cancro della «sussidiarietà» che sui territori, pur conservando un’apparenza di «pubblico», sta di fatto divorando e privatizzando tutti i servizi sociali?

Dovrete scegliere. A imporvelo saranno le lotte stesse a cui state prendendo parte, a cominciare dai referendum contro i finanziamenti pubblici alle scuole private.

In ogni caso, noi tifiamo rivolta, e voi?










3 commenti:

Antonio Borelli ha detto...

Qui ho raccolto alcune analisi del fenomeno Movimento 5 Stelle. Per capire Grillo bisogna analizzare bene la palingenesi del suo fenomeno.
Finora le analisi più convincenti sono quelle fatte da Wu Ming e ve le propongo qui di seguito:

http://rifondasersale.ning.com/profiles/blogs/perch-tifiamo-rivolta-nel-movimento-5-stelle

Giovanni Parrotta ha detto...

bel pezzo e belle analisi però il termine "anarco-capitalismo" è odioso .. specie per noi anarchici ;)

Antonio Borelli ha detto...

Capisco il ribrezzo per il termine, ma in dottrina si esprime così la pulsione più estremista del liberismo.

Credo che i Wu Ming abbiano espresso al meglio le criticità di un movimento da cui ormai tutti si attendono delle risposte per la nostra quotidianità.

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