Sono ore abbastanza accese per Lamezia. Dopo anni di
indifferenza la città si risveglia per dar vita ad una protesta, quella contro
la chiusura del Tribunale di Lamezia Terme.
L’elite della città, in genere impegnato nei salotti, adesso sfodera
tutto lo sdegno e si cimenta in un'occupazione, mentre qualcuno preventivamente
decide già di incatenarsi sul posto per evitare eventuali sgomberi. Eventuali
appunto, mica sicuri, sia chiaro, nonostante l’ultimatum doveva scadere già
giorni fa. Perché poi in fondo, la
legge, cos’è? Anzi, la legge, chi è?
E’ questa la drammaticità di questa
protesta. E’ ottenere l’ennesima conferma che la legge non esiste, non come
vogliamo intenderla noi. La legge è soltanto una carta, un jolly nelle mani di
qualche giocatore opportunista, che decide di metterla in tavolo solo quando è
sicuro di poter raccogliere tutto, di poter vincere insomma. Non è certo una
condizione universale, perché altrimenti, la legge sarebbe uguale per tutti.
Che poi, uguale per tutti? Ma lo potrebbe essere mai? Difficile crederlo dal
momento in cui la sentenza finale spetta al giudice, alla sua personale
interpretazione. E quindi, lo stesso caso, potrebbe arrivare a sentenze
completamente opposte semplicemente se
pronunciate da due giudici diversi.
“Il tribunale è un presidio di legalità”, a ripeterlo
sono molti tra gli occupanti. Occupanti appunto, che per l’attuale legge
italiana, sono quindi illegali. Stanno dunque commettendo un reato per
difendere la legalità. Non vi sembra un controsenso troppo grande? Non è forse ora di abbandonare questo
moralismo da uomini di stato e iniziare piuttosto a parlare concretamente di
libertà e diritti? C’è un limite che lo Stato non può oltrepassare, ed è quello
del volere popolare, della tanto millantata supremazia del popolo, che può e
deve scegliere. Scelte che non possono e non devono essere messe in discussione
da nessuno. Se dunque è questo il concetto su cui si basa lo Stato italiano, perché
allora, non vale per tutti? E perché allora abbiamo assistito e continuiamo ad
assistere ad immagini di sgomberi violenti e forzati contro persone che
difendono i loro diritti? Chi è la legge quindi? E soprattutto chi ha tutto
questo potere da poterla esercitare a proprio piacimento?
Arrivando alla conclusione, che dunque non è la
colpevolezza o l’innocenza l’elemento finale sul quale si base la sentenza, ma
a decidere tutto è l’abilità dell’avvocato nel difendere o nell’accusare, possiamo quindi dire che
dentro quel Palazzo non si fa giustizia, ma si affina semplicemente la capacità
di esplicitare una tesi al fine di convincere chi si ha di fronte? Se dunque, è
questo quello che da sempre è stato e sempre sarà, se non è altro che l’arte
della retorica a far da padrona, in un luogo in cui si decidono le sorti delle
persone e della società, di quale legge parliamo?
E ancora, mi verrebbe da chiedere. Come si può permettere
che avvocati così come semplici cittadini entrino e sostino liberamente in un
luogo in cui sono conservati importantissimi atti per i processi in corso? Come
si può permettere, in una città ad altissima densità mafiosa, che in quello che
prima era un luogo accessibile solo attraverso i metal detector adesso sia
diventato un luogo in cui poter girare liberamente?
Ho provato a chiederlo ad un po’ di persone che hanno
aderito a questa protesta,e tutti
prontamente mi hanno risposto che sono intervenute le forze dell’ordine a piantonare
cancellerie ed archivi. E ingenuamente verrebbe da tirare un sospiro di
sollievo, o no? Peccato però che questo è avvenuto solo diverse ore dopo dall’inizio
dell’occupazione. C’è quindi stato un lasso di tempo in cui chiunque avrebbe
potuto intrufolarsi dentro e sfruttare la protesta per far sparire atti poco
convenienti. D’altronde a Lamezia questo è successo anche quando il Tribunale
funzionava regolarmente, di “marachelle” ne abbiamo sempre sentito parlare,
ammesso che non si abbia e non si voglia avere la memoria corta. E ancora, la
cosa preoccupante, è che questa protesta ha dato anche spazio al populismo, cosicché
è possibile vedere in quelle sale vecchi ultras giocare a fare gli attivisti,
mentre fino a pochi giorni fa quelle sale erano per loro il luogo in cui essere
giudicati per i reati contestati.
Chissà a fine protesta, quanti atti saranno spariti e
quanti processi rimandati nel tentativo di ricostruire il fascicolo.
E poi ancora, l’atteggiamento dei nostri politici, di
coloro che amministrano le nostre città e che in preda all’entusiasmo avevano
dichiarato delle dimissioni che però non ci sono state, perché richiedevano un
coraggio politico che evidentemente manca.
“E lo stato che fa? Si costerna, s’indigna, poi getta la spugna con gran
dignità”
E, dulcis in fundo, la strumentalizzazione. Le bandiere,
gli striscioni, le interviste. Il tentativo e la riuscita di mettere il
cappello sopra ogni cosa. Dunque, il tribunale non come bene della città, ma
come possibilità per X ed Y di farsi ancora una volta pubblicità.
Che tristezza poi, veder ogni tanto comparire il simbolo
dei fascisti del terzo millennio. (E poi velocemente scomparire, come nel
giorno in cui è stata ospitata la Carovana Antimafia ad esempio, da indurci a
credere che gli ospiti di quel giorno abbiano poco accettato questo ricorso al
cameratismo perché da buoni cittadini italiani hanno ereditato dalla nostra
storia il valore della libertà, imprescindibile dall’antifascismo.) Fascisti, dunque,
quelli che esercitano “l’apologia fascista” che in Italia è vietata da
Costituzione. Ancora una volta emergono con forza i controsensi di questa
protesta.
Dopo aver assistito per giorni a questa serie di avvenimenti,
posso concludere che si può essere contro la chiusura del Tribunale senza per
questo cadere in giochi di potere e facili opportunismi.
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