3 aprile 2013

Il rospo dell'Alaco. La memoria del Codacons


   PROCURA DELLA REPUBBLICA
     PRESSO IL TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA

  MEMORIA

Nel Procedimento penale n. 8/2011 mod. 21

Il “CODACONS - Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori” - con sede nazionale in Roma, viale G. Mazzini n. 73, in persona del legale rappresentante pro tempore Avv. Francesco Di Lieto, nella sua qualità di Vice Presidente Nazionale, con sede Regionale in Catanzaro, in C.so Mazzini 164 – 88100,  con domicilio eletto presso la sede Provinciale presso cui è domiciliato, sita in Piazza A. Diaz, 2, Vibo Valentia presso lo studio dell'Avv. Claudio Cricenti, che agisce, anche, nella qualità di referente Provinciale - espone quanto segue:

PREMESSO CHE
- l’esponente è un’Associazione di volontariato e senza scopo di lucro, riconosciuta ai sensi della legge 266/91;
- è un’Associazione italiana di consumatori e che da oltre trenta anni, per statuto, persegue la tutela “con ogni mezzo legittimo, ed in particolare con il ricorso allo strumento giudiziario, dei diritti e degli interessi dei consumatori ed utenti … nei confronti dei soggetti pubblici e privati produttori e/o erogatori di beni e servizi” (Statuto CODACONS, art. 3, comma 1);
- il CODACONS “promuove azioni giudiziarie civili, amministrative e penali, queste ultime mediante la presentazione di esposti, denunce e querele all’Autorità giudiziaria nei confronti di qualunque soggetto responsabile per reati ivi compresi quelli ambientali …”(Statuto CODACONS art. 2 comma 3),
- Il CODACONS in data 21.1.2013 ha presentato presso questa procura un esposto, relativo alle indagini denominate “acquasporca”, e che il 2.2.2013, ha corroborato tale denuncia con un secondo esposto, scaturito dal cd. “allarme benzene”.
- dopo tali fatti, cristallizzati in documenti disponibili presso questa Ecc.ma Procura, il CODACONS è stato coinvolto dal Prefetto nella Task Force istituita per garantire una gestione trasparente ed efficiente delle peculiari gravità connesse alla questione Alaco;
- da tale Task Force sono emerse molteplici criticità, essenzialmente riconducibili ad una mancanza di individuazione delle competenze, oltre ad una rilevante carenza organizzativa e comunicativa tra Asp ed Arpacal, la quale, specie con riferimento alle “acque grezze” non è ancora chiara circa le proprie competenze, che, però, alla luce dell'ordinanza di sequestro disposto da questa Ecc.ma Procura, si imporrebbe come dell'Arpacal;
- nel dare atto della formale e sostanziale volontà prefettizia di assicurare la prioritaria rilevanza alla tutela della Salute, a discapito di formalismi che fino ad ora hanno determinato un'assenza di tutela per i cittadini, con la presente memoria si intende supportare i precedenti esposti con ulteriore materiale, documentale ed informatico;
- ed invero, in data 23.3.2013, si è tenuta a Vibo Valentia una manifestazione sintomatica della situazione di disagio e preoccupazione in merito alla questione “Alaco”;
- al termine di tale corteo, per come si può evincere anche dal video, pubblicato da Repubblica.it, e visionabile al seguente link: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/03/24/news/alaco_il_lago_dei_veleni-55271944/, sono emerse gravissime perplessità in ordine alla gestione e custodia del bacino stesso;
- in particolare, il CODACONS non può che non dar rilievo a tali circostanze, in quanto in assenza di smentite e prese di posizioni da parte dei diretti interessati, ogni notizia di rilievo per i fini statutari del CODACONS, ossia di un'associazione che agisce con funzioni para-pubblicistiche per la tutela collettiva del bene comune, non può essere sottaciuta dall'associazione stessa;
- si rende quanto mai necessario, opportuno e doveroso verificare l'incarico di custodia affidato all'Ing. Merante possa richiedere una “rivisitazione”, qualora si dovesse accertare ciò che è stato denunciato, anche sul web (http://emiliogrimaldi.blogspot.it/2012/06/alaco-connection.html) oltre che durante la manifestazione, la sussistenza di legami parentali con l'Avv. Bianca Brando, che sembrerebbe, sempre alla luce delle sopra riferite denunce essere legale della Sorical;
- la situazione, oggi, certamente acquista connotati importanti anche perchè, grazie all'impegno del Prefetto, Dott. Michele Di Bari, sono giunti alcuni Funzionari dell'Istituto Superiore di Sanità, che sicuramente metteranno in chiaro le criticità inevitabilmente emerse durante questi anni, e che come è noto hanno già portato la S.V. Ecc.ma ad avviare le indagini sfociate nel sequestro e negli ulteriori avvisi di garanzia, e l'opinione pubblica a reagire, con manifestazioni, video inchieste (RAI EDU ha condotto un’ indagine dal titolo “Acquaraggia” sullo stato di inquinamento del Lago denunciandone l’attuale ed irrisolta gravità).
CONSIDERATO CHE
- nonostante  le procedure adottate e le analisi effettuate, oltre a non esser garantito, ancora oggi, il necessario monitoraggio della qualità dell’acqua, non possono che denotarsi i margini eccessivi di indeterminatezza (relativi alla frequenza e tipologia di analisi non conformi alle tabelle A,B e C del d.lgs. 31/2001) e le molteplici infrazioni a tale normativa  per il superamento di valori-soglia di alcuni elementi e composti chimici presenti nell’acqua senza che a ciò sia conseguita l’emanazione  tempestiva dell’ordinanza sindacale di divieto d’uso con tutte le possibili conseguenze di danno alla salute dei cittadini.
- sembra sussistere uno stato di incertezza e di mancanza di chiarezza nell’attribuzione delle competenze, soprattutto per quanto riguarda il controllo delle acque grezze del bacino che, a partire dalla sua attivazione, non sono state sottoposte praticamente ad alcun controllo.
Sintomatici sono tre casi:
a) quello del 2010 in cui vi è stata  una evidente colorazione giallastra dell’acqua nonchè   una quantità rilevante di cloro è partita dal potabilizzatore senza che i dispositivi di allarme entrassero in funzione;
b) quello delle analisi effettuate per conto del Forum delle Associazioni Vibonesi (settembre 2010), poi confermate dall’ARPACAL, che hanno rilevato la presenza sopra soglia (oltre tre volte) di manganese e ferro;
c) ed infine quello molto più recente, noto come “caso benzene”, tuttora da accertare ed indagare alla luce delle analisi prodotte dall’ARPACAL del Dipartimento di Catanzaro e delle successive determinazioni dell’ASP di Catanzaro. E che pone l'interrogativo circa il fatto che dal 6 dicembre 2012 al 31 gennaio 2013, per affermazione della stessa d.ssa Sabrina Santagati direttrice generale dell’ARPACAL, ai cittadini che hanno utilizzano le portate idriche dell’Alaco è stata somministrata acqua contenente eccesso di cloriti e quindi “non potabile” oltre che, con il rischio di poter essere gravemente dannosa.
- Le analisi  che hanno portato alle ripetute ordinanze di divieto di utilizzazione per uso umano dell’acqua devono necessariamente far conto con le sfasature temporali tra l’effettuazione dei prelievi,  le comunicazioni di “non conformità” e l’emanazione delle ordinanze sindacali di divieto, fatti questi ancor più gravi se letti alla luce della relazione della SO.RI.CAL. consegnata al comune di Vibo Valentia il 30 settembre 2010, che pone in risalto:
a) la difficoltà di assicurare un’adeguata e costante potabilizzazione delle acque a causa delle oscillazioni “a volte parossistiche” della presenza del ferro e del manganese legate alle “vicende termiche sia giornaliere che stagionali” che agiscono a loro volta sui moti convettivi delle acque stesse;
b) l’ulteriore complicazione costituita dalla “ presenza di alghe e nuove forme di vegetazione”.
Istanze istruttorie
Alla luce di quanto sopra, lo scrivente Codacons evidenzia la necessità, oggi, di  incentrare le indagini:
1)                 per accertare se e quali  materiali sono stati sversati nel bacino durante il suo riempimento;
2)                 per accertare quali materiali e/o composti anche naturali, pericolosi e inquinanti e comunque tossici per la salute umana  sono tuttora lì giacenti, mediante analisi approfondite sull’acqua superficiale e soprattutto sui fondali dell’invaso previa la loro esplorazione e, ove occorra, il loro  dragaggio;
3) per verificare l'idoneità attuale dell’impianto di potabilizzazione al trattamento delle acque del bacino, classificate “A3” dal “Piano di tutela delle acque” eseguito dalla società SOGESID;
Ciò si rende necessario e non differibile, a tutela della salvaguardia della pubblica incolumità, in quanto il Piano di Tutela delle Acque della regione Calabria - approvato con  Deliberazione di Giunta regionale n. 394 del 30.06.2009 (visibile sul sito della Regione Calabria, Dipartimento Ambiente), composto da 1.117 pagine complessive (la relazione generale è composta di 530 pagine  e la relazione di  sintesi di 587) e da varie schede allegate di studio di quasi tutti i corpi idrici della Calabria, di cui nessuna riguarda specificamente l’invaso in questione -  ha dedicato al bacino dell'Alaco - non menzionato né a pag. 9, tra i principali corpi idrici significativi,  né a pag. 16, tra i laghi ed invasi artificiale - solo alcuni brevissimi passaggi in poche righe: a pag. 415 della relazione di sintesi, è acclarata la presenza di criticità per manganese e coli (totali e fecali) e si specifica che l'obiettivo da raggiungere nel 2010 avrebbe dovuto essere quello del raggiungimento dello stato di qualità ambientale A2 per l'utilizzo delle acque ai fini potabili.
Tale obbiettivo non è mai stato raggiunto come testimoniano le odierne vicende e le indagini della Procura della repubblica di Vibo Valentia.
RILEVATO CHE
- il Codacons da sempre si batte per il rispetto del diritto alla salute dei consumatori e per la tutela dell’ambiente, interessi tutelati anche a livello costituzionale, specie in virtù del suo ruolo di Ente con funzioni para-pubblicistiche nella tutela collettiva del bene comune e di rilevo nella tutela dei valori costituzionali (cfr. ex multis Consiglio di Stato Adunanza plenaria Sentenza 11 gennaio 2007, n. 1; Cfr.Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2005, n. 280, Corte di cassazione, Sez. Terza civile, 18 agosto 2011 n. 17351, Adunanza Plenaria 7/12);
- questa situazione sta comportando dei gravi pregiudizi, e forse irreversibili danni sia per la salute dei cittadini sia per l’ambiente, infatti, numerosi studi medici e scientifici  hanno appurato la pericolosità e la potenziale tossicità dell' acqua inquinata, con evidenti conseguenze sulla salute umana;
- il timore è che le autorità locali competenti, non stiano predisponendo nessuna misura idonea a scongiurare il pericolo e nulla stiano facendo per tutelare la collettività dai gravi rischi sopra enunciati;
- nulla è stato fatto per il risanamento delle acque e per garantire l’approvvigionamento idrico tramite fonti alternative;
*** ** ***
Tutto ciò premesso, il CODACONS, depositando ulteriore documentazione a supporto delle indagini in corso, insiste nelle già rassegnate richieste istruttorie, inoltre
chiede
di sapere quali attività ha posto in essere il nominato Custode ai fini indispensabili di ripristinare la funzionalità dell’intero sistema ed evitare i danni paventati  alla salute collettiva, e
chiede
infine, onde potere interloquire attivamente alle indagini ed all’accertamento dei fatti, quale ente di tutela di interessi collettivi e diffusi, e per poter esercitare al meglio il diritto di difesa, il rilascio di copia delle Consulenze Tecniche espletate nel suindicato  procedimento penale, riservando ulteriori deduzioni e richieste.
Con riserva di allegare i documenti sopra richiamati.
Con Osservanza.
Vibo Valentia – Catanzaro, lì 28 marzo 2013
                                              
                                                            Per il CODACONS
           
                        Avv. Francesco Di Lieto                              Avv. Claudio Cricenti

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