19 novembre 2012

Sersale. La tribuna stampa che non c'è

La tribuna stampa improvvisata al Ferrarizzi di Sersale 

Sersale. Un paese di provincia con cinque mila residenti. Una squadra in Eccellenza. Fino all’anno scorso due. As Sersale e Real Sersale. Lupi i primi, aquile i secondi. Una favola calcistica che riesce a far sognare. La serie D. La Coppa Italia. Ogni stagione ha il suo obiettivo. Che i tifosi accarezzano e sostengono. Sognano. Una passione che non muore mai. Unica nota stonata di questa costante melodia al cardiopalma è il campo. Che ti fa stare con i piedi per terra. Ti trascina giù per forza dalle sfere oniriche.
Tutti lo sanno. E lo subiscono. Come il prezzo da pagare ai sogni. La pioggia, il vento e il gelo. E il fango. A pagare di più sono giornalisti. Non c’è la tribuna stampa. C’è un muretto, nel tratto tra gli spogliatoi e il rettangolo da gioco, che funge da tutto. Piedistallo per prendere appunti. Per fare fotografie. E per intervistare giocatori e dirigenti. Un vantaggio per pochi, quando il direttore di gara acconsente dietro presentazione del tesserino o del documento d’identità. Un privilegio alla luce del sole. E non solo. Anche della pioggia, del vento, del gelo e del fango.
L’ex vicesindaco, Salvatore Torchia, è un veterano della politica. Da più di dieci anni ombra del sindaco Vera Scalfaro, nelle ultime consultazioni elettorali è stato promosso. Da vice a primo cittadino. Un avvocato che conosce sia il politichese che la sottile dialettica politica. Quando parla sa quello che dice. Sempre. Nel mese di agosto scorso ha gioito come un bambino quando il portale Stadio Radio ha scelto la piazza di Sersale per presentare gli oscar del pallone dell’Eccellenza calabrese. Per un giorno il paese è stato la capitale del calcio nostrano. E lui, lì, con il microfono in mano affianco a Giuseppe Cosentino, il presidente del Catanzaro. Un sogno che diventa realtà. Il Sersale come il Catanzaro. La favola di un paese di provincia che eguaglia le gesta del capoluogo.
La vicenda della tribuna stampa è arcinota. Da sempre. Soprattutto a lui. Ogni domenica un ricordo. Ogni domenica un sorriso. Ogni domenica una mezza promessa strappata all’entusiasmo delle vittorie. Poi la campagna elettorale. Una promessa ufficiale. “Sì, la faremo!” Parole documentate: “Abbiamo già il progetto”. Pochi spiccioli: “Qualche migliaio di euro”. Dal calcio alla politica. Un entusiasmo vale l’altro. E il bel sole rinvia la questione. Ad inizio campionato, durante la presentazione dei nuovi acquisti, un altro promemoria. Dai soliti rompicoglioni. E la solita promessa. Un avvocato e un sindaco rassicurante. “Va tutto bene”. Un pensare positivo che nega e ribalta la realtà. Con una prodigiosa tattica politichese.
Domenica scorsa, nella gara con il Catona, i giornalisti hanno rischiato di tornare a casa e coprire poi il pezzo per sentito dire. Chi ha segnato? Quando? Come? Notizie apprese da dirigenti che ti dicono solo quello che vogliono dirti. E con qualche foto di repertorio l’articolo si poteva pure buttare giù. Ma senza testimonianza di prima mano. Senza quel mordente che solo la partecipazione riesce a darti.
All’ennesimo appello il sindaco ha risposto: “Sersale ha una tribuna con 500 posti a sedere, oltre ad un settore "ospiti" con 100 posti a sedere. I cortesi giornalisti possono tranquillamente trovare posto in tribuna, invece di creare improbabili postazioni”. La postazione, a cui si riferisce, è composta da due mattoni di 42 fori. All’uopo sistemati in caso di sole. Il sole, poi, non ha retto. E i mattoni non sono serviti a granché. Ma sono i “cortesi giornalisti” il vero asso della manica del sindaco. Cortesi e giornalisti. Che “possono tranquillamente trovare posto in tribuna”. Nella tribuna dei tifosi, dove accanto alle intemperie c’è anche il problema di sentire e parlare. E chi fa radiocronaca non la può fare. Niente fotografie, niente appunti e niente radio.
Senz’altro una caduta di stile, ci si augura. Che fa da pendant alle parole vuote. Alle parole che sono rimaste sulla carta. Senza infamia e senza lode. 

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