26 aprile 2012

Fornero, le va bene 18?!


“Le va bene un 18?”.
“Ma come 18?!”.
“Beh, lei è in gamba, Fornero, ma i suoi argomenti sono parziali, incompleti e spesso ideologici”. E a quel punto Elsa la Tosta piangerebbe come un Ministro davanti alla sua riforma delle pensioni.
Immaginiamo di essere nel '78, l'operaio-massa processa cantautori e condanna i conniventi del 'sistema', e immaginiamo l'esame di Elsa sulla riforma (?) dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. I toni sarebbero i seguenti.
La riforma del mercato del lavoro delineata dal Ministro Fornero abbozza una modifica strutturale degli ammortizzatori sociali, con un impatto sociale ed economico incerto, e una piccola correzione della flessibilità in entrata legata al costo/opportunità degli attuali modelli di inserimento del mercato del lavoro; mentre in uscita si tende a monetizzare sulla reintegra per ingiusto licenziamento. 46 modelli di contratti di assunzione sono eccessivi, oltre la necessaria flessibilità del lavoro. L’eccesso di flessibilità in entrata e in uscita degli stessi soggetti coinvolti, non produce infatti nessun miglioramento del mercato del lavoro. “Da questo punto di vista la riforma è parziale: liberalizzare i licenziamenti senza favorire gli accessi al lavoro non serve alla crescita ma è funzionale all'accumulazione”.
La manutenzione dei contratti flessibili formalizza la dissociazione tra mercato del lavoro e politica industriale. Infatti, la flessibilità non è brutta o cattiva, ma dipende dal risultato che si vuole perseguire. L’aggravio dei costi e l’aumento del numero delle pratiche amministrative difficilmente inibirà l'utilizzo dei contratti atipici. La libertà di “licenziamento” dei precari è un vantaggio comparato a cui difficilmente le imprese rinunceranno. Poiché la politica industriale italiana è tutta sbilanciata in favore della riduzione dei costi piuttosto che sull'investimento strategico per aumentare i margini di profitto. Il paradigma è quello Fiat: ridurre al minimo il costo del lavoro per poter vendere una Punto ad un prezzo inferiore rispetto ad una Polo, senza sfidare minimamente Wolkswagen in qualità. L’obiettivo non è ri-allineare mercato del lavoro e politica industriale, ma solo mantenere i profitti delle aziende senza spingerle alla competizione. “In altri termini, mentre i cinesi copiano i prodotti noi importiamo i loro metodi di produzione: tutto qui il sapere del governo dei tecnici? Senza politica industriale la riforma è incompleta”.
“E soprattutto è ideologica. Lo sanno tutti, cara Fornero, che cancellare l'art. 18 non serve a granchè sul piano aziendale”: esso si applica alle aziende con oltre 15 impiegati, cioè il 10% delle aziende italiane. Le piccole e medie imprese non avranno vantaggi, mentre i grossi gruppi potranno eliminare fisicamente i lavoratori scomodi, quelli che contestano la catena di montaggio, quelli che manifestano e che scioperano.
“Ciò che lei sostiene Fornero è l'ideologia liberista - ovvero che per garantire lo sviluppo è necessario eliminare ogni intervento sul mercato, anche quando si tratta di misure di protezione dal mercato come gli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione, o come le tutele sindacali. L'ideologia stampata nei libri contabili della finanza globale e degli eurocrati, nent'altro che un fondamentalismo mercantilista.

Un netto e inappellabile 18 per la Fornero che comincerebbe a lacrimare come lacrimano le brave studentesse, quelle che piangono per il brutto voto.
Immaginiamo di essere nel '78, l'esame si conclude, un'aula soffocata dalle sigarette, si approva un documento e si riempie la piazza.



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